Risarcimento: Ministero responsabile anche a fine anni ’60


 

Con la sentenza n. 17685 del 29 agosto 2011 la terza sezione civile della Cassazione è tornata ad occuparsi del problema della responsabilità del Ministero della salute per i contagi anteriori al 1978.

Il danneggiato, contagiato nel 1973, aveva impugnato una sentenza della Corte di appello di Roma che aveva rigettato la sua domanda risarcitoria, ritenendo che la sentenza 581/08 delle sezioni unite debba interpretarsi nel senso di escludere la configurabilità di un diritto al risarcimento per tutti i contagi anteriori al 1978, asserita data di conoscenza dell’epatite B.

La Corte censura totalmente questo ragionamento.

Innanzi tutto ribadisce che a partire dall’entrata in vigore della legge 592 del 1967 il Ministero era giuridicamente obbligato ad esercitare un’attività di controllo e vigilanza sul sangue e gli emoderivati utilizzati a fini terapeutici.

Ricorda inoltre che sin dalla metà degli anni ’60 era noto che il sangue e i suoi derivati costituivano un fattore di rischio di trasmissione dell’epatite.

Ricorda ulteriormente come, sempre nello stesso periodo, esistessero già degli strumenti atti quanto meno a ridurre il rischio di contagio: da un lato infatti era già possibile individuare indirettamente il virus “mediante la determinazione delle transaminasi ALT ed il metodo dell’anti-HbcAg“; dall’altro “erano … esclusi dalla possibilità di donare il sangue coloro i cui valori delle transaminasi  e delle GPT – indicatori della funzionalità epatica – fossero alterati rispetto ai limiti prescritti“.

Da queste premesse conseguono conclusioni ovvie, già implicite nella giurisprudenza precedente della Corte, che ora vengono finalmente esplicitate in maniera chiara.

La Cassazione osserva innanzi tutto che le sezioni unite, quando con riferimento ai contagi da HCV osservavano “che il Ministero della salute risponde ‘anche per il contagio degli altri due virus’ già ‘a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B’, trattandosi non già di ‘eventi autonomi e diversi’ ma solamente di ‘forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo dell’integrità fisica da virus veicolati dal sangue infetto’ , … non hanno certamente inteso … limitare la rilevanza del fenomeno e la relativa responsabilità” solo ai contagi successivi al 1978.

Il Ministero era infatti tenuto “a controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni o gli emoderivati fosse esente dal virus … e che i donatori non presentassero alterazioni delle transaminasi” anche “anteriormente alle … date indicate da Cass., 31/5/2005, n. 11609“.

La Corte osserva inoltre che gli obblighi sopra richiamati imponevano ed impongono al Ministero “un comportamento informato a diligenza particolarmente qualificata, specificatamente in relazione all’impiego delle misure necessarie per verificarne la sicurezza“: un comportamento che impone un “attivo controllo in ordine all’effettiva attuazione da parte delle strutture sanitarie addette al servizio di emotrasfusione di quanto loro prescritto“, non potendo certo considerarsi sufficiente una “mera attività di normazione“, quale l’emanazione di leggi e circolari.

Rimane a questo punto un aspetto ancora da chiarire, sul quale la Corte non si è pronunciata esplicitamente: e cioè sino a quando possa “retroagire” la responsabilità del Ministero.

Se è vero, come è vero, che sin dal 1967 esistevano determinati obblighi normativi in capo al Ministero ed inoltre che sin dalla metà degli anni ’60 c’erano strumenti atti a ridurre il rischio di contagio, mi pare che quanto meno i contagi successivi all’entrata in vigore della legge 292/1967 siano potenzialmente idonei a legittimare una richiesta risarcitoria verso lo Stato.

Ringrazio il Collega Tommaso Onesimo di Lecce per la segnalazione.

Alberto Cappellaro