Risarcimento: Ministero condannato per trasfusione del 1968


 

Con sentenza del 17 maggio 2012, comunicatami oggi, il Tribunale di Milano ha condannato il Ministero della salute a risarcire i danni subiti da tre miei assistiti, trasfusi occasionali, a seguito di epatite contratta a causa di somministrazione di sangue infetto.

Le somme liquidate sono complessivamente pari a 1 milione e 290 mila euro, oltre interessi dalla data della scoperta della malattia e detratto l’indennizzo ex lege 210/92 percepito dai clienti.

In linea capitale, tali somme sono rispettivamente pari a:

a) € 140.000,00 in favore di un danneggiato trasfuso nel 1985, a cui il Consulente medico del Tribunale aveva riconosciuto un danno biologico pari al 20% oltre a 22 mesi di invalidità temporanea al 75% per tre cicli di terapia interferonica, ascritto ai sensi della legge 210/92 alla quarta categoria;

b) € 850.000,00 in favore di una danneggiata trasfusa nel 1983, a cui il Consulente medico del Tribunale aveva riconosciuto un danno biologico pari al 75% oltre a un anno di invalidità temporanea, ascritta ai sensi della legge 210/92 alla settima categoria;

c) € 300.000,00 in favore di una danneggiata trasfusa nel febbraio 1968, a cui il Consulente medico del Tribunale aveva riconosciuto un danno biologico pari al 40%, ascritta ai sensi della legge 210/92 all’ottava categoria.

Appena possibile posterò il testo integrale della sentenza con un più articolato commento.

Appare di ovvia evidenza che la pronuncia è fondamentale, soprattutto nella parte in cui condanna il Ministero a risarcire i danni per una trasfusione eseguita nel 1968: ancora una volta, quindi, vengono platealmente disattese le discutibili tesi ministeriali che vorrebbero limitare la responsabilità dell’ente, al massimo, ai contagi dal 1978 in poi.

Emerge inoltre come l’ascrizione della malattia effettuata in sede di indennizzo sia spesso del tutto avulsa dalla realtà: ciò nonostante, in sede transattiva il Ministero pretende di utilizzarla quale parametro, punitivo, di quantificazione del danno nei confronti dei trasfusi occasionali e delle categorie ad essi equiparate.

Questa sentenza, essendo suscettibile di impugnazione, è il primo passo, seppure importante, di una vicenda processuale che potrebbe protrarsi ancora per molti anni, soprattutto per quanto concerne la posizione della danneggiata trasfusa nel 1968 e non va quindi enfatizzata oltre misura.

Ritengo tuttavia che essa possa offrire, così come altre decisioni di questi ultimi mesi, utili spunti di riflessione al Ministero della salute nella stesura del decreto moduli, che pare di prossima pubblicazione.

Alberto Cappellaro